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Aspettando Roma

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Aspettando Roma 

(martedì 27 marzo, ore 18 00, Biblioteca Civica di Pordenone, Lo spirito di una città: Roma)   

A Roma con “Il pasticciaccio di via Merulana” e Carlo Emilio Gadda
Chi era Gadda?



Quello che è certo è che lungo tutta la sua esistenza Carlo Emilio Gadda non riuscì a trovarsi mai in sintonia con le contingenze nelle quali si sentiva coinvolto.

In quella particolare stagione della storia che fu la prima metà del secolo XX, per non lasciarsi sopraffare, ma anche solo per perdere dignitosamente, occorreva una grande determinazione.

È altrettanto certo che Gadda non aveva di suo le forze per prendere per le corna destini spesso tragici. Il suo eccesso di lucidità che gli permetteva di vedere fin dentro le pieghe più nascoste della realtà. L’indagine sul mondo che gli stava intorno lo assorbiva talmente che non gli restava un briciolo di energia per affrontarlo. Per questo viveva in un perenne stato di paura di esserne sopraffatto.

Molti lo ricordano a casa di Maria Bellonci, seduto in un angolo, sull’orlo di una sedia, pronto ad alzarsi per andarsene non appena una signora, per educazione, cercava di intavolare con lui anche la più banale conversazione.

La condizione umana non smetteva però, di incuriosirlo. Quando lavorava in Rai archiviava, in ordinate cartelle, tutte le lettere ricevute. Su una di esse era scritto: “Reparto deficienti: moto perpetuo e quadratura del cerchio”.

È chiaro che visse con una coscienza troppo vigile dentro le molte contingenze assurde della prima parte del secolo scorso. La più assurda, dal suo punto di vista, era il regime fascista, così sistematicamente opportunista a fronte delle premesse ideali.

Non va neppure sottaciuto il fatto che, morto il padre, la madre per conservare l’apparenza di una rispettabilità altoborghese, in particolare la costosissima villa, lasciava che i figli patissero la fame, portassero maglie da sotto incredibilmente rattoppate, scarpe sfondate, i geloni alle mani e ai piedi.

Come compensazione di tante insoddisfazioni, un vorace appetito. A tavola era insaziabile.

Ospite con Eugenio Montale a un pranzo formale presso la famiglia Rodocanachi, poiché il poeta disdegnava il cibo, fu costretto ad adeguarsi. Appena uscito dalla villa però entrò in osteria e si fece servire un’enorme fiorentina al sangue, corredata da abbondante contorno. Purtroppo, poiché si era di dimenticato di pagare il conto, quest’ultimo fu recapitato alla signora Rodocanachi e Carlo Emilio ne provò grande vergogna.

Gadda uomo era indubbiamente difficile e sfoderava atteggiamenti e comportamenti sconcertanti. Se sempre l’uomo illustra lo scrittore, nel suo caso le paure e le stranezze servivano a tener vigile un costante atteggiamento di attenzione che ne ha fatto uno dei più lucidi pittori della convivenza sociale.

Lo ha reso capace di individuare, filo per filo, i nodi di quel “grummolo” nel quale si aggrovigliano le esistenze umane.

Per l’Atelier Grazia Liverani
 
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